Emilio Zanzi. Realismo e Surrealismo nell’arte di Angelo Ruga

presentazione nel catalogo della mostra alla Galleria S. Andrea (Savona, 1954)

Non avrei mai creduto che l’amico (e quasi coetaneo) Cesare Maggi abbia avuto tra i suoi devoti e liberi allievi un giovane incline a considerare, anzi a realizzare, la pittura surrealisticamente, cioè liricamente, non in contrasto con la realtà del Creato, anzi nell’amoroso rispetto di tutte le cose visibili e tangibili, delle più alte fantasie e delle fantasticherie più strane e stravaganti. Angelo Ruga è giovanissimo. Fino a poche settimane orsono mi era ignoto. Lo ho conosciuto, uomo di poche parole, a Albissola M.; è torinese, di ventiquattro anni, ha il volto roseo, la barbetta un po’ faunesca e due occhi lucenti: da qualche anno è uscito da quell’Accademia Albertina, una scuola oggi tra le più insigni, nonché d’Italia, d’Europa, per rinomanza e autorità di anziani e di giovani Maestri. Logicamente, perché figlio del suo tempio, Ruga rifiuta in pieno, senza dispettose negazioni ma con placida indifferenza, le eredità di Grosso e di Ferro, di Bistolfi, di Calandra e di Rubino i quali, a Torino, hanno ancora molti facili imitatori, ma anche quelle, di più richiamante fascino romantico-sentimentale, di Antonio Fontanesi e di Enrico Reycend. Piuttosto che per l’arte dotta e superaffinata di Felice Casorati e per l’alta e composta serenità delle opere di Francesco Menzio, il Ruga nei rapidi disegni e nelle più lente e meditate pitture dichiara forti simpatie per le complicate, paradossali e alquanto letterarie estrosità di Italo Cremona, altro cattedratico albertino, il quale è portato a surrealizzare le cose che predilige fin dalla prima giovinezza: rivoltelle, tubini, pipe, mazzi di tarocchi, brocche e mobili dozzinali e in stile liberty.

Descrittore di aspetti urbani, fluviali, marini, terrestri e celesti di Albisola e Torino, il Ruga, artista che si controlla, non di rado può sembrare in contraddizione con se stesso, quando, dopo essersi autoritratto diabolicamente in un’audace e colorita composizione surreale, realizza così com’è, in una chiara e ventilata giornata di sole, la piazza albisolese, o dopo avere composto arbitrarie favole di paesi, di uomini e di oggetti i più impensati, conversazione sull’arte è quieta, senza prepotenze polemiche, senza paure.
È sicuro di sé. Possiede il senso, anzi il sentimento, della responsabilità estetico-morale. Ha urgenti necessità di molte esperienze. Da tempo, infatti, oltre che nel disegno e nella pittura, si esercita nella ceramica. Ignoro queste sue esperienze iniziali. Ruga è un coraggioso prudente. Piemontese di razza. La strada che ha scelto è lunga e aspra. Non saranno pochi gli ostacoli. Né gli mancheranno illusioni, delusioni, amarezze. Ha già saputo vincere la facilità, anzi la faciloneria, dell’improvvisazione, del lavorare per far piacere al vasto pubblico non sempre intelligente e provveduto. Non c’è in lui la tendenza ortodossa nelle apparenze per la mera imitazione di forme tradizionali, esteriori e superate così come rifugge dall’anarchismo del non figurativo, dell’astrattismo in superficie. Le mode attuali le considera senza feticismi. Realtà buone e men buone, utili e pericolose. Forse malattie inevitabili. Disegni o dipinga sul vero o surrealisticamente, Ruga mi pare sulla buona strada. È un artista coraggioso. Potrà andare molto avanti. Forse in alto.

2022-11-14T11:28:58+00:00
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