Langa

Sul finire degli anni Settanta nella pittura di Ruga si afferma una soluzione linguistica originale, volta a sintetizzare in ripetuti segmenti paralleli gli appezzamenti di terreno, le colture, le macchie di bosco che, nel loro integrarsi lungo le dolci colline delle Langhe, si offrono allo sguardo come un insieme eterogeneo di colori e consistenze. L’occhio del pittore indaga e sollecita quotidianamente questo tipo di paesaggio, cercando di restituire sulla tela una sorta di unitarietà di visione, affidandosi essenzialmente a linee e colori. In un procedimento metodologico che affonda le radici nella rivoluzione paesaggistica moderna, dagli impressionisti in avanti, la ricerca di Ruga trova concretezza nella ripetizione ossessiva e nella sintesi. Precisi scorci langaroli, individuabili spesso anche dai titoli delle opere, si ripropongono in apparentemente infinite e minime varianti. Prende così forma quella sorta di reiterazione astratta e sintetica di paesaggi familiari, che concettualmente può essere giustificata dal costante tentativo di risolvere un labirinto, fatto appunto di percorsi concentrici di linee spezzate, in un ideale itinerario erratico mentale. L’inganno che questo metodo sembra voler svelare è l’eterno enigma della natura.

Da uno sguardo complessivo sui lavori eseguiti lungo gli anni Ottanta, si percepisce tuttavia un mutamento di registro espressivo. Accanto infatti alle serie oramai centrali nel discorso figurativo di Angelo (le bimbe di Terezín, i Giochi d’amore, il paesaggio circolare, personaggi, alberi e insetti, etc.) emerge una pittura per certi versi tetra, basata sulla metamorfosi tra la collina e i corpi femminili. I timbri cromatici appaiono fortemente contrastanti, insetti e rettili campeggiano tra elementi del paesaggio tradotti in cupe campiture cromatiche. Le linee sono meno risolte e definite, si fanno spezzate e incerte, e il senso generale che se ne trae è forse quello di una crisi personale e individuale. Un vento di inquietudine sembra sconvolgere le ricerche visive condotte con coerenza fino a quel momento. A bilanciare tale condizione di relativa regressione, l’espressionismo di questo periodo imbocca una via di contaminazione con una vivace, seppur inquieta, estetica pop, là dove figure oramai archetipiche di cani, teschi e insetti si stagliano su fondi piatti, ripetuti e colorati in modo squillante e antinaturalistico.

– Luca Bochicchio (2021). Angelo Ruga. Sulla soglia del labirinto. Pistoia: Gli Ori. p. 173.